sabato 28 dicembre 2019

ARTHUR SCHOPENHAUER


La Vita

Schopenhauer nasce a Danzica nel 1788, da una  famiglia di commercianti e banchieri. Suo padre, muore suicida nel 1805, lasciandogli una sostanziosa eredità mentre sua madre, Johanna Henriette Trosiener coltiva la letteratura scrive romanzi e tiene a Weimar un importante salotto letterario, frequentato da poeti come Göethe e Wieland, che ebbero un certo influsso sul giovane Arthur. 

Nel 1809 s’iscrive alla facoltà di medicina dell’università di Gottinga, per passare presto, a quella di filosofia. La sua formazione filosofica fu influenzata dallo studio  di Platone e di Kant, che rimarranno, infatti,  al centro della sua riflessione.

A Berlino seguì le lezioni di Fichte e, si laureò a Jena con un saggio Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente, nel 1813. Schopenhauer fu di certo, un filosofo dal carattere difficile e palesemente critico nei confronti dei più diversi indirizzi teorici: lo storicismo hegeliano e l’idealismo fichtiano, la scuola di Schelling e quella di Herbart. 

Compie diversi viaggi in Italia, soggiornando a Venezia,  dove avrebbe dovuto sposare una una gentildonna veneziana, poi a Bologna, a Firenze, a Roma  e a Napoli. Torna in Germania, a causa di una crisi finanziaria che  colpisce la sua famiglia, e  pensa di dedicarsi alla carriera  accademica. Nel  settembre del 1860 a  Francoforte, in seguito ad una polmonite, Schopenhauer muore.



Il Pensiero
Schopenhauer considera Kant il pensatore decisivo dell’età moderna. L’elemento che Schopenhauer ama nel kantismo, fino a farne il punto di partenza della propria dottrina, è la distinzione tra fenomeno e noumenoKant considerava il fenomeno l’oggetto dell’esperienza sensibile e il noumeno/la cosa in sé, inconoscibile dall’intelletto umano. Schopenhauer estremizza  questa distinzione facendone un vero e proprio dualismo gnoseologico e ontologico.
Da una parte vi sono i fenomeni, che sono considerati come semplici apparenze, come volti superficiali delle cose, dall’altra c’è il noumeno considerato come quella dimensione sostanziale delle cose medesime, che sfugge alla conoscenza intellettuale.
Partendo da questa visione dualistica, il mondo e l’intera realtà è “rappresentazione e volontà”: i fenomeni sono l’apparenza, l’illusione, cioè il mondo della rappresentazione, dominato dal principio di causalità. La vera realtà noumenica è invece, celata  da un “velo di Maya”, è il mondo come volontà.
La volontà  per Schopenhauer è una forza irrazionale non rappresentabile ed irriducibile alla considerazione logico-scientifica, ed agisce nella natura e nell’uomo, determinando un' universale condizione di affanno e schiavitù nella lotta per l’esistenza. L’uomo può liberarsi da questa schiavitù soltanto annullando la propria volontà di vivere. Schopenhauer parla di “volonta” a cui l’uomo può aspirare, ovvero rinuncia alla propria individualità ed esigenze .
Sono tre le strade che l’uomo può scegliere di perseguire come vie di liberazione:
  • la contemplazione artistica
  • la moralità, specialmente la compassione
  • l’ascesi

Schopenhauer usa il termine volontà non nel senso di intenzione cosciente, volere razionale, ma al contrario, nel senso di impulso, energia, forza irrazionale, che non è diretto al conseguimento di qualche scopo razionalmente determinato; è inconscia, sottratta allo spazio ed al tempo, eterna ed infinita, senza causa e priva di scopo.
La volontà non obbedisce né alla  ragione, né alla morale, perciò la volontà di vivere è una forza cieca, un desiderio, che si mostra in forme  diverse fino al culmine dell’uomo, quando cioè giunge alla piena consapevolezza di se stessa.
La visione di Schopenhauer è fondamentalmente pessimista: se la volontà è per tutti gli uomini un continuo desiderio, un’ insaziabile ricerca, da questa incessante ricerca non può che derivare uno stato di continuo bisogno, una condizione di vuoto, che si manifesta come sofferenza e dolore.
Anche se l’uomo arriva ad appagare un suo desiderio, si tratterà sempre di un piacere momentaneo, perché altri e sempre nuovi desideri si faranno sentire.  L’appagamento, dice Schopenhauer, è come l’elemosina che “gettata al mendicante prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento”.
L’uomo non ha vie d’uscita, “la sua vita oscilla come un pendolo, di qua e di là tra il dolore e la noia” perché la vita è “ una faticosa “battaglia per l’esistenza con la sola certezza della sconfitta finale.  Il tempo è un fluire inesorabilmente e  nel trascorrere consuma le cose. La vita è ” una morte rinviata e dove la morte deve vincere “.  Nonostante la sua visione pessimistica della realtà, Schopenhauer esclude il suicidio, perché esso non è una via di liberazione. perché l’uomo che si uccide nega la vita e non la volontà.

IL MONDO COME VOLONTA’ E RAPPRESENTAZIONE

Nel 1818 porta a termine la sua opera principale, che si intitolerà, Il mondo come volontà e rappresentazione (Die Welt als Wille und Vörstellung), che influenzerà il pensiero di Nietzsche e di Freud, ed è ritenuta una delle opere più importanti del romanticismo antidealistico. Nella prima parte della sua opera Schopenhauer esamina i caratteri del mondo in quanto rappresentazione e in una larga sezione è dedicata alla ricerca dei modi in cui l’uomo può liberarsi dalla volontà che freme dentro di lui.
Schopenhauer, riprendendo un principio della filosofia indiana, chiama il “Velo di Maja”, la realtà visibile. Il mondo non esiste se non come rappresentazione: non è il mondo in se ad avere un senso ed un significato, ma è l’uomo che cerca di interpretare  e dare un significato al mondo.
KARL MARX


Vita

Karl Marx è stato un famoso filosofouomo politicosociologo ma anche un economista, uno storico, un politologo e un giornalista di nazionalità tedesca. Al centro del suo pensiero c’è la critica al materialismo, concetto cardine dell’economia, della società e della cultura capitalistica che caratterizza il suo tempo. La sua opposizione al capitalismo e a tutto ciò che ne deriva è una delle chiavi fondamentali per la nascita delle ideologie socialiste e comuniste durante la seconda metà del XIX secolo. Marx è colui che ha dato vita alla corrente socioeconomica politica che prende il suo nome, il marxismo.
Per tutto questo Marx si è guadagnato il titolo di uno dei pensatori più influenti di sempre e sicuramente della storia dell’Ottocento in termini di filosofia, politica ed economia. 



Pensiero di Marx

Karl Marx ha operato in ambito filosofico, economico e politico producendo una serie di opere rilevanti per i secoli a venire e sviluppando un pensiero ben preciso che caratterizza la corrente del marxismo. Tra le varie peculiarità di questo pensiero è sicuramente da ricordare il cosiddetto materialismo storico: si tratta della concezione che l’uomo, pur essendo un essere pensante e spirituale, venga inevitabilmente condizionato dalla materialità della sua esistenza (mangiare, lavorare…). 
Da questo Marx deduce che sono la produzione e la riproduzione della vita materiale che permettono all’uomo di progredire sia a livello sociale che a livello intellettuale. Tutte le idee di Marx e i fondamenti del suo pensiero si basano sulla profonda convinzione di voler cambiare il mondo, non solo interpretarlo. 
Marx merita a pieno il titolo di padre del materialismo storico in quanto conia la definizione di “sovrastrutture” per tutte le attività umane che dipendono dalla “struttura” principale, l’economia, la quale a sua volta influenza politica, cultura e tutto ciò che è espressione della società umana.
Per quanto riguarda il pensiero sociologico di Marx, tutto si sostanzia nella lotta per il dominio economico sociale tra la classe dei servi e quella dei padroni, proletari e borghesi. 
borghesi, secondo Marx, sono coloro che detengono i mezzi di produzione e che ora sono la classe dominante. Il proletariato, secondo la natura delle cose, nel pensiero di Marx dovrebbe imporsi sulla borghesia instaurando una dittatura con lo scopo di generare una società senza classi. Questo è il comunismo di Marx.
Per quanto riguarda l’aspetto economico, Karl Marx analizza il capitalismo anche da un punto di vista scientifico (“socialismo scientifico”); dopo l’analisi di pluslavoro generato dal plusvalore, cioè il valore aggiunto che il lavoro del proletario produce, Karl Marx afferma che è colpa dei borghesi se sottraggono il plusvalore dalle mani di chi effettivamente lo produce volendo anche aumentare questo valore a discapito delle condizioni dei lavoratori.