mercoledì 16 ottobre 2019

 La filosofia di Hegel


Il pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 - 1831) si caratterizza da subito come uno dei sistemi più complessi, ricchi ed articolati in tutta la filosofia moderna e contemporanea; i concetti fondamentali sviluppati nelle sue opere maggiori (tra cui la Fenomenologia dello Spirito, l’Enciclopedia delle scienze filosofiche, i Lineamenti di filosofia del diritto e l’Estetica) compongono infatti un castello teorico che - in opposizione alle indicazioni kantiane - si presenta come la summa organica di una visione del mondo che avrà un larghissimo influsso sulla storia della cultura dei due secoli successivi. Al centro del sistema hegeliano sta l’idea di una razionalità che si dispiega progressivamente nel reale; questa “Idea” si esprime e agisce all’interno della “Natura”, traducendosi poi in “Spirito”, od autocoscienza, nell’essere umano e in tutta la gamma delle sue attività sociali, politiche, culturali ed artistiche. 

Il mondo di Hegel (influenzato dalle suggestioni romantiche sin dai primi scritti, in cui già si manifesta l’allontanamento netto dalle opposizioni dualistiche) è allora un’unità organica e non un’addizione statica di parti o di cose, e davvero reale è solo l’intero, mentre l’assoluto  è ciò che coincide con l’infinito.


L’idea hegeliana deve però negare se stessa in quanto chiusa ed isolata per potersi fare “oggetto” nella Natura; a questo dispiegamento necessario corrisponde poi la realizzazione nello Spirito, cioè l’idea concretizzata (dove “concreto” nel lessico hegeliano è sempre il risultato di un processo compiuto) che conosce e comprende se medesimo e che è, al tempo stesso, Idea e Natura, Soggetto ed Oggetto. 
Questa dialettica spiega per Hegel la razionalità del reale e diventa lo schema di ogni processo della realtà, secondo la sequenza di tesi (come momento astratto o momento intellettuale), antitesi (come fase dialettica o momento razionale negativo) e sintesi (il momento speculativo o razionale positivo, che unifica ed eleva le opposizioni precedenti). Il dinamismo logico del processo è atemporale e costitutivo della ragione umana, che riproduce in sé le contrapposizioni del reale così come esso si presenta ai nostri occhi. Il confronto tra Kant ed Hegel è allora netto e decisivo: il secondo si spinge esattamente oltre i limiti imposti dal criticismo kantiano, postulando la ragione come identità di pensiero e realtà superiore all’intelletto e la dialettica come logica intima di tutta la realtà. Si apre così una nuova fase per il pensiero moderno.

Il processo dialettico si compone di tre momenti:

  • intellettuale o astratto (tesi) ---> la realtà appare costituita di oggetti separati e statisticamente contrapposti gli uni agli altri;
  • dialettico o della negazione (antitesi) ---> in esso ogni determinazione si scopre limitata, cogliendo il suo nesso inscindibile e necessario con la determinazione opposta;
  • speculativo (sintesi) ---> rappresenta la negazione della negazione, che è affermazione dell'unità delle determinazioni opposte.


La fenomenologia dello spirito è la storia romanzata della coscienza che attraverso contrasti e dolore, esce dalla sua individualita, raggiunge l'universalità e si riconosce come ragione che è realtà e realtà che è ragione. La coscienza infelice è la coscienza che non sa di essere tutta la realtà, e perciò si ritrova scusa in conflitti da cui è internamente dilaniata. 

La prima parte della fenomenologia si divide in tre momenti: coscienza, autocoscienza e ragione. Queste sono le tappe della vita dello spirito che essa deve percorrere per raggiungere il sapere Assoluto:
  • la fase della coscienza ---> dove essa conquista la consapevolezza di sé e della propria funzione costitutiva del senso delle cose; Il punto di partenza è la certezza sensibile. Questa a prima vista sembra la certezza più sicura, in realtà è la più povera. Infatti essa è solo “apparentemente certa”, in realtà da solo informazione su una singola cosa, “questa cosa”. Il “questo” non dipende dalla cosa, ma dall’io che la considera.
  • la fase dell'autocoscienza ---> essa ottiene la conferma della propria identità e libertà; il centro dell'attenzione sposta dall'oggetto al soggetto. L'uomo è autocoscienza solo se viene riconosciuto da un'altra autocoscienza. Tale riconoscimento avviene tramite il conflitto fra le due autocoscienze, che si conclude con il subordinarsi di un' autocoscienza sul''altra nel rapporto servo-signore. Il signore è colui che per la propria indipendenza ha rischiato la vita mentre il servo è colui che ha preferito la perdita della propria indipendenza per avere salva la vita. Tale dinamica provoca un inversione dei ruoli: il padrone finisce nel godere passivamente del lavoro del servo, quindi ne diventa dipendente. Il servo, nella misura in cui padroneggia e trasforma le cose, finisce per rendersi indipendente. 
  • la fase della ragione ---> l'autocoscienza si eleva a ragione e assume in sé ogni realtà.  





giovedì 3 ottobre 2019

IDEALISMO E ROMANTICISMO 


Una corrente filosofica tra le più importanti è l'idealismo tedesco che si sviluppa a cavallo tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo. Vede come suoi maggiori fondatori e interpreti FichteSchelling ed Hegel.

Sia il romanticismo che l'idealismo rappresentano il superamento della ragione illuministica e l'affermazione di una nuova visione del mondo che esalta il sentimento, l'arte e la tradizione.

L'aspirazione all'infinito è il primo e più importante tratto di questo movimento. Tale aspirazione nasce da un senso di inquietudine nei confronti di quanto possa costituire un "limite".


L' idealismo etico di Fichte




Fichte, entusiasta sostenitore del pensiero di Kant, presto si rende conto dei suoi numerosi dualismi: a priori e a posteriori, forma e contenuto, soggetto e oggetto. Rifiuta il Dogmatismo, che considera il pensiero come un prodotto della Natura, e fonda l’Idealismo, che parte dal pensiero per spiegare la realtà in base ad un principio unico ed assoluto da cui tutto deriva.

La realtà è spirituale, è pensiero, è la sorgente di tutta la realtà, è attività perché crea se stessa e le cose. Il pensiero abbraccia contenuto e forma, pensiero e realtà, soggetto e oggetto. Il noumeno è prodotto dall’Io, ossia è un fenomeno conoscibile. L’oggetto, il contenuto, l’a posteriori sono posti dal soggetto, sono un modo di svolgimento del pensiero. L’oggetto è il soggetto visto sotto un particolare aspetto.


I tre principi della Dottrina della scienza


1° principio: L’Io pone se stesso (TESI).

L’Io penso, costruttore dell’esperienza, non può essere individuale e finito, ma deve essere universale e infinito; non legislatore, ma creatore della realtà. Tutta la realtà si origina da un unico principio: l’Io Puro, inesauribile attività di pensiero, unico principio materiale e formale della conoscenza, che crea sia il soggetto che l’oggetto, infinita attività creatrice, con la quale pensa e crea se stesso e le cose. Il pensiero non può avere altri limiti al di fuori di quelli che egli stesso pone. Niente è prima dell’Io: l’Io non può affermare nulla se non afferma la propria esistenza. L’Io non è posto da nessuno, ma si pone da sé, crea se stesso, si autocrea, “si fa”. L’Io puro è infinito perché non è limitato da nulla; è attività creatrice e prodotto della sua stessa attività, che avviene in modo infinito e libero (libertà).

2° principio: L’Io pone il non-io (ANTITESI)

Non-Io costituisce la natura intesa in senso generale come il "regno dei limiti". Esso è posto dall'Io puro, il quale delimitandosi, produce continuamente l'altro da sé come oggetto e ostacolo indispensabile alla sua attività. Anche il nostro corpo e le nostre sensazioni sono non-Io, in quanto materiali e privi di ragione.


3° principio: L’Io oppone nell’Io, all’Io divisibile, un non-io divisibile (SINTESI).

L’Io di cui si parla è la singola individualità di ogni uomo (l’io empirico)L’Io si scopre limitato dal non-io, io empirico, finito, individuo condizionato dalla natura interna o esterna: per ricostituire l’unità dell’Io, deve superare il non-io. Il non-io è il motore che mette in azione l’Io: senza di esso l’Io non potrebbe agire. Ponendo il non-io, l’Io si scopre limitato e finito. Il fine ultimo dell’io finito sta nel raggiungimento dell’Io puro, rimuovendo gli ostacoli costituiti dal non-io. La coscienza del limite fa nascere nell’Io l’esigenza di superarlo: l’Io tende a ricomprendere in sé il non-io per ricostituirsi come Io assoluto. L’io empirico deve aspirare all’Io infinito: l’infinito per l’uomo è un dover essere e una missione. L’io empirico deve essere un io libero, che vince gli ostacoli e supera ogni limite.



L' idealismo estetico di Schelling




Schelling parte dalla filosofia dell’infinito di Fichte: sostiene che l’Io non può essere puro se, per attuarsi, deve affermare un non-Io che lo limita. Accusa Fichte di aver svuotato la natura di ogni realtà, definendola come non-io, produzione inconscia dell’Io a cui è di ostacolo. Il Principio non è solo l’Io o il non-io, ma è l’Assoluto, che si realizza nell’io e nel non-io, nella coscienza e nella natura, nel pensiero e nella realtà. 


IL PENSIERO

Friedrich Schelling aderisce alla filosofia di Fichte perché ha trovato il fondamento incondizionato della realtà, principio da cui dipende ogni conoscenza: l’io puro, assoluto, libero. Secondo Schelling, Fichte ha colmato i vuoti della filosofia kantiana.
Inizialmente egli ha interessi naturalistici, egli vuole recuperare la natura perché essa deve essere una soggettività. Rifiuta la nullificazione della natura di Fichte, ponendo l’io infinito rende nulla la natura.


Critica:

  • l’assoluta soggettività della sostanza (Fichte)
  • l’assoluta oggettività della sostanza (Spinoza).


La natura è un’unità indifferenziata di natura e spirito, non è limitata dall'attività dell’io, ma assume una validità oggettiva. Natura e spirito sono due facce dello stesso principio assoluto: l’assoluto si pone inconsciamente come natura e poi consciamente come spirito. La natura è un organismo dotato di finalità, aperto ad ogni sviluppo. Essa ha un carattere teleologico e non meccanico, perché le singole arti della natura si articolano nel tutto. La natura ha un’anima e una forza vivificatrice. Attraverso una serie di gradi si attiva in forma sempre più perfette. Da forme inorganiche e organiche: spirito pietrificato in divenire.
Il finalismo è nella natura stessa (finalità oggettiva e immanentista). Schelling rifiuta il meccanicismo e il finalismo teleologico. Il finalismo di Schelling è un carattere oggettivo della natura, interno ad essa. Considera la natura come un tutto vivente, è attività creatrice spontanea. 

La natura per attuare se stessa si dialettizza in 2 principi di base: astrazione e repulsione. Nella natura agiscono due tendenze opposte. Ogni fenomeno è l’effetto di una forza che è limitata, condizionata dall’edizione di una forza opposta: la natura agisce attraverso la lotta di forze opposte. Quando esse sono in equilibrio si ha la produzione di una forma naturale. La ricomposizione dell’equilibrio da vita a forme naturali sempre migliori.


Lo spirito e la natura


Secondo Schelling,


  • Natura: spirito visibile
  • Spirito: natura invisibile

Tra la natura e lo spirito è esclusa ogni distinzione sostanziale (non più dualismo tre Io e non Io). Esiste differenza di grado perché la natura è spirito inconscio mentre lo spirito è superiore perché è vita spirituale conscia. Lo spirito riconoscendosi come rappresentazione inconscia della natura tende a ricostruire l’unità dell’assoluto mediante l’attività teoretica, pratica ed estetica. Questa identità non è mai pienamente raggiungibile.