martedì 2 giugno 2020

Jean Paul Sartre 



La vita

Jean-Paul-Charles-Aymard Sartre (Parigi, 21 giugno 1905 – Parigi, 15 aprile 1980) è stato un filosofoscrittoredrammaturgo critico letterario francese, considerato uno dei più importanti rappresentanti dell'esistenzialismo, che in lui prende la forma di un umanesimo ateo in cui ogni individuo è radicalmente libero e responsabile delle sue scelte, ma in una prospettiva soggettivista e relativista.

In seguito Sartre diverrà un sostenitore dell'ideologia marxista, della filosofia della prassi e, pur con dei profondi "distinguo", anche del conseguente materialismo storico.


Il suo pensiero
  • le cose sono "essere in se": 
    1. prive di coscienza;
    2. opache a se stesse; 
    3. semplicemente presenti;
    4. caratterizzate dalla determinatezza.
  • la coscienza è "essere per se":
    1. fonte del significato delle cose; 
    2. autotrasparente;
    3. caratterizzata dalla determinatezza.
    4. coincide con il nulla, è possibilità di annullare e trascendere i dati di fatto
Sostiene che: 
  • l'uomo è condannato alla libertà: 
  1. non sceglie la propria esistenza;
  2. prova disperazione e angoscia per il peso della responsabilità.
  • il conflitto tra gli esseri umani è inevitabile, infatti ognuno tende a oggettivare l'altro, l'uomo prova vergogna quando è reso oggetto dallo sguardo altrui, il quale lo espropria della soggettività e minaccia la sua libertà 

  • opera una sintesi tra esistenzialismo e marxismo, secondo cui la storia dipende dalle libere azioni e dalle libere scelte degli individui, i quali possono opporsi alla società borghese che serializza le persone. 

EDMUND HUSSLER


LA VITA 


Filosofo tedesco (Prossnitz, Moravia, 1859-Friburgo, Baden, 1938). Figlio di un commerciante ebreo, studiò matematica a Lipsia, Berlino e Vienna. A Berlino fu influenzato in modo decisivo dalla scuola di rigore scientifico di Weierstrass. Seguì poi a Vienna le lezioni di F. Brentano, la cui psicologia descrittiva, incentrata intorno alla nozione-chiave di intenzionalità, alimentò tutta la sua riflessione successiva (Philosophie der Arithmetik, 1891). Fu quindi libero docente a Halle e professore a Gottinga (1901-16), e raggiunse il massimo prestigio e la più larga fama a Friburgo (1916-28), dove nel 1933 venne radiato dal corpo accademico in forza delle leggi razziali. Lo sviluppo della ricerca di Husserl è scandito solo imperfettamente dalle principali opere apparse durante la sua vita: Logische Untersuchungen (2 vol., 1900 e 1901; Ricerche logiche), Philosophie als strenge Wissenschaft (su “Logos”, 1910-11; Filosofia come scienza rigorosa), Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie, I, Allgemeine Einführung in die reine Phänomenologie (1913; Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, I, Introduzione generale alla fenomenologia pura), Vorlesungen zur Phänomenologie des inneren Zeitbewusstseins (1928; Lezioni sulla fenomenologia della coscienza interna del tempo), Formale und transzendentale Logik (1929), Méditations Cartésiennes (1931). Vanno infatti tenuti in almeno pari considerazione gli scritti: Erfahrung und Urteil (postumo, 1939; Esperienza e giudizio), il II e il III volume di Ideen, Phänomenologische Untersuchungen zur Konstitution (1952; Ricerche fenomenologiche sopra la Costituzione) e Die Phänomenologie und die Fundamente der Wissenschaften (1952; La fenomenologia e i fondamenti delle scienze); Die Krisis der europäischen Wissenschaften (1954; La crisi delle scienze europee).




FILOSOFIA DLL'ARITMETICA



Husserl cercava di ricondurre la nozione di numero all'atto psicologico del collegare unità costituite meramente da “contenuti di rappresentazione”, distinti dalla “riflessione sull'atto psichico del rappresentarsi”; e con ciò, come gli obiettò G. Frege, confondeva l'oggettività del numero con la soggettività delle rappresentazioni e degli atti psichici. Tuttavia, la soggettività operante nella costituzione dei concetti aritmetici possedeva già caratteristiche di universalità e di necessità, e il metodo psicologico di matrice brentaniana si distaccava dal naturalismo associazionistico dell'empirismo.

L'ASSOLUTISMO LOGICO



Queste esigenze di chiarificazione delle strutture e del ruolo della soggettività vengono mantenute, e anzi approfondite, nella successiva svolta di Husserl verso quello che egli stesso definì assolutismo logico. Nei Prolegomeni a una logica pura (primo volume delle Ricerche logiche), Husserl insiste soprattutto sull'irriducibilità delle leggi logiche alle leggi empiriche risultanti dalla mera induzione, e sull'insopprimibile differenza di significato fra l'impossibilità psicologica e l'impossibilità logica. Husserl contrapponeva alla tesi dello psicologismo l'idea della logica come insieme di verità valide in sé. Ma ciò significava soltanto che i suoi principi erano indipendenti dalle rappresentazioni soggettive, non già che non fossero da porre in un rapporto di correlazione con la coscienza. Così, nel secondo volume delle Ricerche logiche si trovano già delineati i tipici temi della gnoseologiafenomenologica, riassumibili nel famoso principio di descrivere “le cose stesse, come si manifestano e nei limiti in cui si manifestano”: la descrizione chiarificatrice, priva di presupposti interpretativi, deve precedere ogni pensiero costruttivo basato sulla deduzione, sull'induzione e sull'ipotesi di nessi causali. Applicando questo metodo, gli oggetti di coscienza si presentano all'Io riflettente non come parti costitutive degli atti psichici, ma come correlati intenzionali, come oggetti che si offrono alla coscienza e che ne vengono intesi. Tale carattere di correlato non è solo proprio dell'oggetto individuale, ma anche dell'universale, o essenza, o eídos. Quest'ultimo non è il prodotto di un processo di confronto induttivo a partire da singole ripetute intuizioni empiriche, ma viene colto direttamente con un originario modo di “vedere” riflessivo fondato sulla “visione” individuale. Anzi, l'intuizione empirica dell'individuale è inseparabile dall'intuizione eidetica o visione dell'essenza: nel senso che non posso distinguere, per esempio, questo determinato rosso particolare, qui e ora, senza possedere il senso del rosso, senza interpretare cioè la visione attuale mediante la categoria universale che in essa si esemplifica. I motivi della fenomenologia come scienza rigorosa, fondata sulla descrizione di evidenze, dell'interpretazione dell'oggettività come intenzionata e correlata al soggetto, e dell'intuizione eidetica come principio d'intelligibilità del fenomeno convergono nella dottrina dell'Io puro trascendentale, quale sorgente assoluta della costituzione del senso del mondo distinto nelle sue varie regioni ontologiche (Ideen), dottrina che ha la sua introduzione e giustificazione tecnica nella cosiddetta epoché o “messa in parentesi” di ogni tesi d'essere. Se noi mettiamo “tra parentesi” ogni teoria e ogni credenza sull'esistenza e sulla natura delle cose, se insomma proviamo a negare il mondo, dice Husserl, ci resterà pur sempre un residuo indubitabile, una presenza indiscutibile: il nostro stesso Io come pura coscienza, con tutti i fenomeni indissolubilmente dipendenti come correlati intenzionali, nel cui processo mai concluso di costituzione le essenze si collocano come tappe tipiche degli atti strutturati del soggetto.

sabato 4 aprile 2020

SIGMUND FREUD



La vita

Sigmund Freud nacque a Freiberg, in Moravia (l’odierna Repubblica Ceca), nel 1856 e, a soli quattro anni, si trasferì con la famiglia a Vienna. Laureatosi in medicina, si dedicò alla psichiatria e, approfittando di una borsa di studio, trascorse un breve soggiorno a Parigi dove si interessò allo studio dei fenomeni isterici curati attraverso l’ipnosiRitornato a Vienna, divenne il collaboratore del medico Josef Breuer: quest’ultimo aveva notato come l’ipnosi potesse risultare utile non solo per tenere sotto controllo i sintomi isterici attraverso la suggestione. 

Era possibile, infatti, riuscire ad utilizzare il metodo come strumento per far ricordare al paziente degli episodi spiacevoli dimenticati, neutralizzando così la carica emotiva negativa connessa all’avvenimento, che continuava ad agire nel presente. 

Sigmund Freud arrivò alla conclusione che, alla base dei sintomi nevrotici, non c’erano dei problemi organici ma un conflitto, operante al di là della sfera cosciente del soggetto, tra forze inconsce. Da tale scoperta nacque dunque la psicoanalisiche letteralmente significa studio della mente e che, nello specifico, riguarda l’inconscio.  Le sue teorie costituirono una vera e propria rivoluzione nel pensiero occidentale ed ebbero ripercussioni sulle più svariate discipline.


Il pensiero

La psicoanalisi è proprio la disciplina nata per curare alcune turbe di tipo mentale, che ha finito per scandagliare le dinamiche dell’inconscio. Secondo Freud, infatti, molti disturbi deriverebbero da un conflitto tra richieste psichiche differenti e di segno opposto, che sarebbero poi state descritte come Es/ Super-io/ Io
Riguardo all’origine di questo conflitto, lo studioso avrebbe proposto tre ipotesi differenti nell’arco della sua carriera: la lotta tra il principio di piacere e principio di realtà, quella tra la spinta sessuale e la spinta all’autoconservazione e infine tra pulsione di vita e pulsione di morte.
Intesa come una pratica, dunque, la psicoanalisi e gli psicoanalisti si pongono come obiettivo quello di risolvere il conflitto nella psiche del paziente, indagandone l’inconscio con il suo aiuto. Tra le modalità a disposizione del medico ci sono l’interpretazione dei sogni, le associazioni libere e lo studio degli atti mancati.

Interpretazione dei sogni


Come accennato, per Freud, i sogni, se debitamente discussi con il paziente e interpretati, costituiscono un viatico per accedere all’inconscio. Ogni sogno presenta un contenuto manifesto, ovvero ciò che si ricorda al risveglio, gli elementi della storia, spesso di tipo simbolico. Il contenuto latente sono invece le forme nascoste dai simboli, che per l’appunto vanno analizzati per capire il desiderio represso che sta al fondo del sogno. 
Nella costituzione dei sogni si notano poi una serie di leggi, che servono a trasformare contenuti latenti-simbolici in manifesti. Queste leggi includono la condensazione, lo spostamento, la drammatizzazione, la simbolizzazione e la rappresentazione per l’opposto.


Funzionamento della mente e inconscio


Dunque se i movimenti della psiche dell’uomo sono influenzati dall’inconscio, come si divide al suo interno questo spazio mentale? C’è una parte, definita del preconscio, che include tutta una serie di contenuti mentali che sono attingibili e percepibili se il paziente si concentra attentamente. L’inconscio vero e proprio è invece l’interezza del rimosso, ovvero tutti quegli elementi che la rimozione nasconde ai processi consci della mente. Questo meccanismo psichico è ciò che rende così difficile fare affiorare desideri, pensieri o ricordi, in quanto alcune parti della mente li reputano inaccettabili o dannosi.



La personalità di un individuo
La personalità di un individuo, infatti, è determinata dallo scontro, l’armonia e gli squilibri creati dalle tre parti dell’inconscio.
Il primo è l’Es, ovvero la membrana più esteriore della nostra personalità, quella normalizzata e a disposizione di tutti, che ha come compito proprio trovare un equilibrio tra le spinte, a volte in contrasto, tra l’Id e il Superego.
Il Super-io è invece un insieme di norme, regole, proibizioni introiettate a partire dall’infanzia, così come alcuni assetti di valori (cos’è giusto e cos’è sbagliato), e sviluppate solitamente tramite il rapporto con le figure genitoriali. In pratica è una sorta di giudice dei pensieri e delle azioni dell’individuo.
L’Io è invece un calderone di impulsi, che possono essere sia di tipo sessuale che aggressive e distruttive. Si tratta della parte più antica della psiche, quella istintiva e animalesca, che ignora qualsiasi norma per soddisfare se stessa.



Complesso di Edipo
Vista la grande importanza data da Freud all’infanzia e al rapporto con i genitori, per lo studioso ogni bambino sviluppa dei desideri molto forti nei confronti di queste figure. Rispetto al genitore dello stesso sesso c’è una rivalità che sfocia in un desiderio di morte e di sostituzione, allo scopo di soddisfare il desiderio di possesso (anche sessuale) nei confronti dell’altro. Ovviamente il suo superamento avviene alla fine dell’infanzia, intorno ai 6 anni, caratterizzando solo i primi anni.



lunedì 30 marzo 2020

HENRI BERGSON


La vita


Henri Bergson nasce a Parigi nel 1859 e decide di laurearsi in filosofia e matematica. Dal 1881 al 1900 assume l’incarico di professore ad un liceo di Angers, prima, e a Clermont-Ferrand poi. Dopo l’esperienza a scuola, Bergsoncomincia ad insegnare filosofia moderna al College de France di Parigi, ma non tenne mai nessun corso Sorbona per via delle sue idee, ben poco in linea con l’indirizzo filosofico dominante.

La personalità e la notorietà del filosofo riescono ad imporsi anche fuori dagli ambienti accademici e le sue lezioni e conferenze venivano spesso seguite da un pubblico vasto e variegato. La prosa accattivante e gli scritti, ricchi di metafore e descrizioni, gli fanno guadagnare, nel 1928, il Nobel per la letteratura

Muore nel 1941 a Parigi, mentre la città è occupata dalle truppe naziste. Le sue origini ebraiche gli avevano fatto conoscere e provare la crudeltà delle leggi razziali e delle persecuzioni antisemite; ciononostante, grazie alla sua età molto avanzata e alla fama, i nazisti utilizzarono nei suoi riguardi i “guanti di velluto”, anche se il filosofo rifiutò sino all’ultimo qualunque privilegio concessogli.



Il pensiero

Tra le sue maggiori opere ricordiamo: Materia e memoria (1896), il suo capolavoro L’evoluzione creatrice (1907) e Le due fonti della morale e della religione (1932).

Il filosofo rifiuta l’idea che l’unica forma di conoscenza della realtà sia quella scientifica. 
Bergson viene considerato il più grande rappresentante dello spiritualismo francese

Tale corrente filosofica, infatti:

  • Invita a concentrarsi sulla interiorità degli individui, sullo “spirito”, sulla coscienza, a una realtà diversa e non assimilabile a quella dominata dallo studio dei fatti naturali;
  • Riconosce alla filosofia il peculiare compito di indagare tale realtà, differenziandosi dal metodo e dall’oggetto proprio della scienza.

Per il filosofo, il limite proprio della scienza è considerare il tempo come qualcosa di: 

- "Spazializzato”: ovvero come una successione di momenti distanti l’uno dall’altro, misurabili, tutti uguali;

- "Reversibile": ovvero come qualcosa che si può ripresentare uguale a se stesso (per esempio negli esperimenti scientifici).


Il tempo della scienza  è molto diverso dal tempo della vita, ovvero da ciò che percepiamo attraverso la nostra coscienza. Quest’ultimo è infatti:

- Fatto di momenti che non potranno mai più ripresentarsi (irreversibili);

- Fatto di momenti qualitativamente diversi l'uno dall' altro;

- Continuo: è uno scorrere senza sosta e un sovrapporsi di eventi del passato, presente e futuro.

Il tempo della coscienza per Bergson è, dunque, quello della durata, in cui non è possibile distinguere e isolare nessun momento dall’altro e ogni cosa è allo stesso tempo un prodotto del passato e nuova.

Quello che siamo, pensiamo e facciamo è ciò che ci caratterizza e che dipende dal nostro passato, dal presente e da come immaginiamo il nostro futuro

L’uomo, a differenza dei fenomeni naturali, nella sua vita spirituale è libero di determinarsi da sé. Tale impostazione è evidente anche nella differenza che Bergson rintraccia tra memoria, ricordo e percezione.

- Memoriaè la conservazione integrale del nostro passato ad un livello inconscio;

- Ricordo: è un’immagine con cui il nostro cervello recupera una parte della nostra memoria in vista dell’azione.

- Percezione è quella facoltà che ci permette di selezionare i dati che traiamo dal mondo esterno 







Nell’opera L’evoluzione creatriceil filosofo vuole mostrare la realtà come unica e, soprattutto, come interamente dominata dalla “durata”. 

La vita, sia quella biologica sia quella spirituale, deriva da un’unica forza che lui chiama “energia vitale” che in modo assolutamente libero e imprevedibile, si espande in tutto l’universo e dà origine a tutto ciò che esiste.

Nel processo evolutivo gli uomini e gli animali hanno affinato, rispettivamente, l’intelligenza (da cui deriva la scienza) e l’istinto.

Soltanto attraverso il recupero dell’istinto (e attraverso l’intuito) l’uomo è in grado di comprendere il movimento e il flusso continuo della vita.


giovedì 26 marzo 2020

SOREN KIERKEGAARD



LA VITA

Søren Kierkegaard (1813-1855), nato a Copenaghen, in una famiglia numerosa mostrò fin dall’adolescenza, segnata dalla sofferenza, un carattere riflessivo, introverso e malinconico. Altro elemento indispensabile per comprendere il pensiero di Kierkegaard è la sua elevata religiosità, contrassegnata soprattutto dal dramma della crocifissione e dalla frequentazione di concetti come quelli di dolore e di peccato. 

Per quanto riguarda la sua formazione, Kierkegaard ascoltò, nel 1841 a Berlino, le lezioni di Schelling da cui fu dapprima colpito positivamente, per poi restarne deluso. Nello stesso anno pubblica “Sul concetto di ironia” (1841) mentre negli anni successivi continua la sua attività di intellettuale, con articoli divulgativi e saggi filosofici quali Aut-aut (1843), “Timore e tremore” (1843), Il concetto dell’angoscia (1844) La malattia mortale”. 

Questi ultimi anni, sempre poveri di eventi esteriori di rilievo, furono contrassegnati da un’aspra polemica sullo statuto della cristianità, intrattenuta con le gerarchie della chiesa luterana danese, e causarono alla personalità di Kierkegaard, estremamente sensibile, grandi sofferenze.


IL PENSIERO

Il pensiero soggettivo di Kierkegaard è il pensiero del concreto esistente, che nulla ha a che vedere con la ragione trascendentale kantiana o con la ragione astratta hegeliana; un pensiero che è infinitamente più interessato all’esistenza stessa, con i suoi fatti concreti e la sua drammaticità che neanche la Cristianità stabilita è in grado di cogliere.

Contro la dialettica hegeliana che è sintesi degli opposti e che impone all’esistenza universale e collettiva una cammino necessario, Kierkegaard  difende la possibilità di scelte libere tra alternative inconciliabili. 
È questo, in sintesi, il significato dell’espressione aut-aut, la scelta che deve essere continuamente affrontata da ogni individuo che, a fronte della sua libertà personale, non può delegarla o demandarla ad altri. Questa scelta personale diviene necessaria per affrontare gli stadi dell’esistenza e per passare, in modo libero e volontario, da uno all’altro di essi. 

Kierkegaard distingue:


  • Lo stadio estetico dove l’uomo vive sempre e solo nel momento, nella pura particolarità: è lo stadio della sensibilità e del rifiuto di tutto ciò che è impegnativo, ripetitivo, serio. La vita dell’esteta è contrassegnata dalla ricerca di sensazioni sempre nuove, dall’idolatria dell’instante e dal rifiuto di ogni legame stabile, sia affettivo che sociale. La figura che esemplica al meglio lo stadio estetico è quella di Don Giovanni, seduttore che passa da una donna all’altra senza mai legarsi e senza alcuna prospettiva.

  • Lo stadio etico è connotato da stabilità e ripetitività, come ben dimostra la figura simbolo del matrimonio: qui l’uomo si sottopone a una regola e a un impegno costante nel tempo, scegliendo l’universale. La verità di sé e della propria vita, la possibilità di guardarsi davvero come un io è ottenibile solo attraverso il pentimento, l’ultimo passaggio della vita etica, dove l’uomo si pone di fronte a un Dio personale rivelatosi in Cristo, incontro questo che gli consente di passare allo stadio successivo.

  • Lo stadio religioso trova la propria rappresentazione più pregnante nella figura di Abramo, disposto a sacrificare il figlio Isacco. In questo stadio l’uomo affronta il proprio io e gli aspetti di esso – l’angoscia e la disperazione – che finora non era stato in grado di capire e risolvere. L’uomo ha qui la possibilità di decidersi per il “salto della fede”, una scelta richiesta dal Dio della rivelazione cristiana e che è al di là della ragione, come ben dimostra il caso di Abramo.



In “Aut-aut” Kierkegaard considera l’angoscia come un sentimento strutturale in ogni essere umano dal momento che il suo modo di conoscere è essenzialmente sospeso nei confronti del futuro: mentre Dio del futuro sa tutto e gli animali nulla, l’uomo vive l’indeterminatezza del futuro, guarda al futuro in quanto indeterminato ed è qui che sorge l’angoscia, un sentimento che ha sempre un oggetto indeterminato, a differenza della paura. 

Ne “La malattia mortale” è invece la disperazione ad essere compiutamente tematizzata come incapacità dell’uomo di accettare sé stesso, come condizione in cui l’uomo dispera di sé stesso. Mentre la natura umana consta, nella sua complessità, di differenti fattori in constante dialettica, gli uomini sono preda della disperazione perché, incapaci di accettare tutti questi fattori, rinunciano ad essere completamente sé stessi, puntando sul solo fattore che riescono a controllare meglio.

Solo attraverso il Cristianesimo l’uomo riesce a guardare alla verità di sé stesso in tutta la sua complessità. Abbracciando il Cristianesimo l’uomo riesce a superare l’angoscia, dal momento che nessun evento contingente futuro, per quanto negativo, riuscirà a sottrarre all’uomo un bene eterno al quale è possibile accedere solo attraverso un atto di libera scelta, attraverso l’accettazione della libertà umana che nessun evento contingente futuro può mettere in discussione.  


FRIEDRICH NIETZSCHE



LA VITA

Friedrich Wilhelm Nietzsche nacque a Rocken, vicino Lipsia, nel 1844, figlio di un pastore protestante. A soli cinque anni perse il padre e visse, da allora, con la madre e la sorella senza riuscire mai a guadagnare un rapporto sereno con loro. 
A soli 24 anni divenne professore di lingua e letteratura greca presso l’Università svizzera di Basilea, ma la sua salute era cagionevole e, colpito da frequenti attacchi di emicrania e disturbi alla vista, abbandonò la cattedra per iniziare il suo pellegrinaggio per le città della Francia, della Svizzera e dell’Italia alla ricerca di una serenità che non riuscì mai a raggiungere. 
Pubblicò a sue spese i suoi ultimi lavori e si trasferì per un breve periodo a Torino, dove sopraggiunse un disagio psichico importante. Venne trascinato da un amico in una clinica per malattie nervose in Svizzera e trascorse gli ultimi anni della sua vita con la sorella, immerso nella completa follia. Morì a Weimar nel 1900, mentre la sua fama cominciò a crescere sempre più senza che lui potesse, però, rendersene conto.     


IL PENSIERO

Il pensiero di Friedrich Nietzsche è complesso e si può dividere in 4 fasi:

  1. La fase giovanile: dove domina l’interesse e l’ammirazione per il filosofo Schopenhauer e il musicista Wagner.
  2. La fase intermedia: dove avviene il ripudio dei precedenti ispiratori e prevale un approccio di tipo “scientifico” che comprende Umano, troppo umano (1878-1880) e La gaia scienza (1882).
  3. La fase di Zarathustra con l’opera Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno
  4. La fase finale, che comprende gli scritti degli ultimi anni tra cui Genealogia della morale (1887) ed Ecce homo (1888).


1) Nella sua prima fase, Friedrich Nietzsche vuole celebrare il trionfo della vita e la sua accettazione più totale e completa. Davanti alla crudeltà, alla sofferenza, all’incertezza dell’esistenza, Nietzsche decide di essere un discepolo di Dioniso, il dio dell’ebbrezza che incarna le passioni del mondo e che si contrappone ad Apollo, dio dell'ordine e della razionalità.

2) Nella seconda fase della sua filosofia, Nietzsche è mosso dal proposito di liberare la mente degli uomini da un “errore” fondamentale: la metafisica. La critica a quest’ultima disciplina filosofica si concretizza nella nota espressione della “morte di Dio”.

Secondo NietzscheDio è “la nostra più lunga menzogna”, è la personificazione di tutte le varie certezze morali, religiose attraverso cui l’umanità ha dato un senso rassicurante al caos della vita. È l’essenza di tutte le credenze create dall’uomo, dai tempi dei tempi, per far fronte alla paura dell’assenza di logicità e di qualcosa di benefico che guida la vita.

Con l’espressione "Dio è morto", Nietzsche intende la fine delle certezze che hanno guidato gli uomini per millenni. La morte di Dio non è un evento compiuto, bensì è in corso ed è annunciato dal cosiddetto “uomo folle” (il filosofo) mentre il resto dell’umanità non ne è ancora pienamente consapevole. 

3) La terza fase della filosofia di Friedrich Nietzsche si apre dunque con le alternative che si aprono con la morte di Dio: l’avvento dell’ “ultimo uomo” o del “superuomo”. 
Il superuomo è un concetto filosofico che si colloca nel futuro: corrisponde all’idea di un uomo nuovo, oltre e diverso da ciò che conosciamo.


l superuomo di Nietzsche incarna un modello in cui si condensano e trovano rappresentazione tutti i temi della sua filosofia. 

Le caratteristiche che possiede, infatti, sono: 

  • Accetta la dimensione dionisiaca dell'esistenza e rimane fedele “alla terra” e al corpo.
  • Si colloca nella prospettiva dell'eterno ritorno dell' uguale: vive la viva come se tutto dovesse ripetersi e non cerca il senso dell'esistenza in un “altro” mondo.
  • Si realizza come nuova fonte di valori e significati.
  • Si pone come “volontà di potenza”: vive la sua vita come un continuo oltre passare di se stesso e come libera attività creatrice.